H-earth, la rivoluzione vegetale del tessile italiano

‘Ho posato l’orecchio sopra il cuore della Terra. Parlava d’amore, del suo amore per la pioggia, la Terra. Ho posato l’orecchio sul liquido cuore dell’acqua, l’ho posato sul cuore dell’albero’.
E’un canto d’amore con il quale il poeta curdo Sherko Bekas celebra la Madre Terra, ne esalta l’armonia, la capacità di mutamento, la tenacia creatrice.
Mutamento armonia e tenacia di un cuore che batte e un corpo che respira, si trasforma e contrae in un moto perpetuo: un sillabario con il quale la natura pasce le anime e rivela l’essenzialità della vita, che è dono, occasione, opportunità, responsabilità.
E c’è un cuore che batte nella terra di Toscana, un cuore che ha saputo trasformare la passione per il tessile in una produzione cento per cento green: H-earth, il cuore della terra.

Una storia aziendale che ha inizio cinquantasette anni fa, nella Prato del 1963: patria dell’industria tessile più famosa del mondo. Un’azienda a conduzione familiare che per quasi quarant’anni è stata una delle maggiori produttrici del cardato pratese, tessuto che si ottiene da scarti e sotto prodotti della lavorazione sottoposti a un procedimento di sfilacciatura.
Una tecnica tessile antica, un eccellenza del made in Italy, che è stata inconsapevolmente antesignana di una dimensione produttiva che muove due precetti ecologici fondamentali: riciclo e riutilizzo.
Produzione familiare e artigianale che Emiliano Santi ha imparato a conoscere sin da piccolo e che è stata il trampolino di lancio per la nascita, nel 2001, di H- Earth: “Ho respirato il profumo dell’azienda dei miei genitori sin da quando ne ho memoria – ricorda l’eco imprenditore – perché la produzione aveva luogo in locali attigui alla nostra abitazione. Come dire? Casa e bottega. Quei ritmi di lavoro hanno cullato la mia infanzia e la mia adolescenza e mi hanno permesso di conoscere tutti i segreti della lavorazione tessile. Sfilacciare, intrecciare e filare sono tutte abilità che ho personalizzato e contestualizzato quando, nel 2001, ho riconvertito la produzione aziendale”.
Un primo importante spartiacque nel cammino aziendale di Emiliano; dal cardato pratese alla produzione di biancheria intima: “La scelta di dismettere la produzione del semilavorato in panno per dedicarmi a quella dell’intimo è nata sia dalla mia personale passione verso questo settore sia dal desiderio di aprire l’azienda alla grande distribuzione – ricorda il fondatore di H-earth – naturalmente, è stato necessario affrontare un importante investimento iniziale per l’acquisto di macchinari specifici destinati alla lavorazione di capi in nylon e microfibra. Una scelta che si è rivelata fruttuosa, anche se, dopo qualche anno, l’invasione di prodotti a basso costo e scarsa qualità provenienti dalla Cina mi ha spinto a riformulare ancora una volta la mia produzione”.

Riconversione, o evoluzione, che declina una filosofia di produzione etica, ecosostenibile, ecoinnovativa e rispettosa dell’ambiente grazie l’utilizzo delle fibre vegetali: “Avevo iniziato a studiare approfonditamente il settore tessile dal punto di vista delle materie prime già da diverso tempo, alla ricerca di materie prime che potessero sostituire quelle sintetiche – spiega Emiliano – ero alla ricerca di qualcosa di innovativo e a basso impatto ambientale. Quindici anni fa, però, le sole coltivazioni biologiche da utilizzare nella produzione tessile erano esclusivamente quelle di cotone. E’ stata una ricerca complessa – ricorda – al termine della quale, nel 2006, mi sono imbattuto nel meraviglioso mondo delle fibre vegetali“.
Il debutto di H- earth (etich&ecounderwear) inaugura una linea intimo basic (donna, uomo e bambino), da design semplice e funzionale, realizzata con fibra di legno e fibra di mais: “Ho immaginato l’uso di questa linea anche per il tempo libero e l’attività sportiva non agonistiche – spiega Emiliano – per questo ho utilizzato la fibra di mais per rivestire l’interno di slip e canotte, perché possiede caratteristiche traspiranti analoghe a quelle presenti nelle fibre sintetiche ma, al contrario di queste, proprio perché è totalmente naturale, non provoca allergie o irritazioni, e quella del legno, dall’effetto asciutto, per rivestire l’esterno”.
Massimo confort ed effetto performante in una ricerca continua, alla scoperta di un equilibrio perfetto in armonia con la Terra: “Quando si lavora con le fibre vegetali non si smette mai di imparare e sperimentare – sottolinea l’imprenditore – e in questa ricerca, allo scopo di garantire una maggiore durata dei miei capi, ho intrecciato tra loro fibre diverse, introducendo nei miei filati anche la fibra che si ottiene dai semi di ricino e con la quale ho sostituito quella di mais che, per le sue caratteristiche, riduceva significativamente la durata del prodotto”.

Una scoperta che ha permesso al fondatore di H- earth di dare vita anche a una linea di calze e collant: “L’unione tra fibra di ricino e fibra di bambù mi ha consentito di soddisfare i bisogni di un gran numero di clienti, che avevano sviluppato irritazioni e allergie da contatto indossando calze in nylon e microfibra, sopratutto nei confronti dei modelli più coprenti. Da questa esigenza – racconta Emiliano – è nata l’idea di creare una linea da 30 e 50 denari dall’effetto traspirante, coprente e anallergico. Per la realizzazione dei calzini, invece, utilizzo la fibra di eucalipto, nota anche come tensel, che proviene da coltivazioni sostenibili, all’interno di un ciclo produttivo chiuso: significa, cioè, che i residui organici eccedenti vengono riutilizzati nel successivo ciclo produttivo”.
Linea basic, quindi, ma anche capi chic per H-earth, realizzati con un filato lucido, simile alla seta, ma interamente vegano: “La seta vegetale è un tessuto innovativo che si ottiene intrecciando semi di ricino e semi di cotone – spiega Emiliano – il ricino garantisce elasticità, confort e resistenza, mentre dalla lanugine prodotta dal riciclo dei fiocchi di cotone si ricava una fibra liscia, cascante e setosa, perfetta per una linea di biancheria intima ecologica, batteriostatica, delicata e luminosa che in futuro, chissà, potrei arricchire con inseriti in pizzo”.

Per raccogliere le sfide di un tempo nuovo, occorre una nuova visione del mondo e, sopratutto, del modo con il quale vivere questo mondo. Da questo approccio nasce Cashmilla, sorella minore di H-earth, con una linea di accessori crueltyfree: “Etica ed ecoinnovazione non possono prescindere dalla necessità di porre fine allo sfruttamento animale anche da parte dell’industria del pellame, delle pellicce e della conceria. E’ un processo di civiltà e di progresso verso il quale tutto il made in Italy dovrebbe convergere – spiega l’eco imprenditore – e al quale ho voluto dare il mio contributo, dimostrando che per realizzare qualcosa di comodo e caldo, come il cashmere, non è necessario uccidere nessun animale. Si tratta di un progetto parallelo rispetto alla produzione principale al quale ho iniziato a lavorare da circa un anno, realizzando guanti e cappelli in cashmere botanico“.
Una fibra vegetale che si ottiene dall’unione tra il legno e il capock: “Dalla fibra di legno si ricava un materiale morbido e poroso, mentre dal capock, una fibra asiatica corta usata anche per realizzare l’imbottitura di cuscini e giubotti, invece della piuma d’oca (altra pratica crudele nei confronti degli animali), si ottiene una fibra isolante, che permette il mantenimento di una temperatura costante”.
Cinquant’anni di storia, un cambio di produzione, l’approdo a visione ecosostenibile e una produzione annua che, oggi, viaggia al ritmo di 20 mila unità: “Ricerca, sperimentazione, etichettatura, imballaggio e spedizione sono momenti della produzione che seguo personalmente. Una volta scelti e intrecciati i filati – racconta Emiliano – i rocchetti vengono posizionati sui macchinari dai quali si otterrà un tessuto privo di colore e cuciture. Il confezionamento dei singoli modelli è affidato a un laboratorio esterno, così come quello di tintura dei capi è realizzato da una tintoria pratese certificata Reach, che garantisce cioè l’impiego di coloranti a basso impatto ambientale”.
C’è chi ha paura del cambiamento e c’è chi, invece, lo abbraccia, lo cerca, lo accoglie con coraggio, passione, entusiasmo, perché fa battere forte il cuore: un po’ come il primo amore.
Emma De Maria

Gestione naturale. Ritorno alle origini per asini e cavalli18 Settembre 2020
Taya, gli eco vegan gioielli che sposano moda e ambiente 18 Settembre 2020
