Gestione naturale. Ritorno alle origini per asini e cavalli
Quando sogniamo, desideriamo, immaginiamo la libertà, il pensiero ci riporta alla mente l’immagine primordiale di una prateria immensa e incontaminata; sferzata dal vento e dalla corsa impetuosa di un cavallo al galoppo: la criniera al vento, il passo sicuro, lo sguardo che insegue l’infinito.
Cos’è, in fondo, la libertà? E’ la condizione essenziale alla quale aspirano tutti gli esseri viventi. E’ la possibilità di scegliere, agire ed esprimersi senza costrizioni, assecondando la propria natura.
E da sempre il simbolo di questa libertà è il cavallo. Creatura fiera, figura mitologica, sinonimo di regalità, che molte popolazioni indigene identificano con il potere della madre Terra.
Nella società contemporanea, la nobiltà del cavallo, e degli equidi in generale, è stata profondamente svilita, mortificata e ridotta al rango di cosa, oggetto, bene materiale: strumenti da guerra, macchinari in agricoltura, ancora oggi mezzi da traino e trasporto di cose e persone e, infine, oggetto di competizioni ippiche e palii.
Talvolta compagni di giochi negli interventi terapeutici coi minori, cavalli ma anche asini e pony vivono una condizione spesso incompatibile con le loro primarie caratteristiche etologiche: ferrati, bardati, sellati, stabulati in box e privati di ogni possibilità di socializzazione con i propri simili.
E se da un parte la tradizione equestre considera gli equidi come macchine da corsa, da chiudere in un box quando non se ne fa uso, dall’altra, grazie all’impegno di esperti in benessere degli animali, si sta sempre più diffondendo un approccio nuovo nel rapporto con gli umani, che mette al centro l’equilibrio psico fisico dell’equide: parliamo di gestione naturale.
Impegnata nella divulgazione e corretta attuazione di questa pratica di scambio empatico è Lidia Raffaele, specializzata in interventi assistiti con gli animali e coadiutore dell’asino.
Lidia, cosa significa gestione naturale e in che modo può migliorare le condizioni di vita dell’animale?
“Gestione naturale significa lasciare che gli animali possano soddisfare le proprie naturali necessità etologiche e in questo modo raggiungere il fondamentale benessere psico fisico – spiega l’esperta – attenzione, però, questo non significa abbandonare l’animale a se stesso, allo stato brado o semi brado. E’ fondamentale seguirlo quotidianamente, anche affidandosi a controlli veterinari periodici, per garantirne sicurezza e stato di salute. Correre, sgroppare, brucare e interagire con i propri simili sono tutti comportamenti che, a differenza dei salti che vediamo nelle gare di equitazione e delle corse a velocità folli di gare e palii, sono innati e naturali”.
Quali sono le caratteristiche della gestione naturale?
“Innanzitutto un ampio e adeguato spazio all’interno del quale realizzare un riparo accogliente dal quale l’animale possa entrare entrare e uscire in autonomia – spiega Lidia – fondamentale è l’installazione di un abbeveratoio con acqua fresca e pulita, di un fienile al coperto, per evitare che il fieno possa bagnarsi e questa circostanza causare a problemi intestinali all’animale che se ne alimenta, e una toilette sempre pulita.
L’area deve essere poi arricchita con stimoli esterni – sottolinea l’esperta di benessere animale – la presenza di alberi può essere un elemento utile, perché in natura gli equidi sono soliti scorticarne la corteccia per pareggiare la dentatura. Si tratta di un comportamento innato attraverso il quale l’animale riceve un adeguato apporto di sali minerali che però, a tutela gli alberi, può essere sostituito da una pietra di sale. E poi utile lasciare a disposizione dell’equide giochi, come la palla ad esempio, che lo aiutino a non annoiarsi e rappresentino uno stimolo cognitivo che gli consenta di trovare adeguata risposta ai bisogni di attività fisica, relazionale, esplorativa e cura del corpo”.
Quanto è importante per gli equidi il contatto fisico e non solo visivo con i propri simili?
“Gestione naturale significa socialità – sottolinea Lidia – e questa è una dimensione fondamentale per il benessere psico fisico di qualsiasi animale. Gli equidi, in particolare, sono estremamente sociali e questa socialità può compiersi pienamente solo laddove vivano all’aperto insieme ai propri compagni: liberi di scegliere con chi relazionarsi e liberi di socializzare con gli altri elementi del branco, perché solo in questo modo l’animale riesce a stabilire legami duraturi. Il cavallo poi – spiega la specialista in interventi assistiti con gli equidi – vive in branco (previo adeguato inserimento), instaurando rapporti stretti con tre o quattro elementi; mentre l’asino, nell’ambito delle dinamiche di branco, predilige instaurare legami con un solo compagno, formando delle diadi”.
Come cambia l’alimentazione di asini e cavalli gestiti in modalità naturale?
“Sono cinque le libertà fondamentali per il benessere di ogni specie animale: non patire la fame è una di queste. Gli animali però devono essere alimentati in modo adeguato – spiega l’esperta – stiamo parlando di erbivori monogastrici che in natura brucano erba, per questo la mangiatoia deve essere sempre posizionata in basso. In generale è da prediligere un’alimentazione ricca di fibre digeribili, per evitare possibili coliche, con poco foraggio e molto fieno. Molti proprietari di cavalli da corsa e gara, invece, utilizzano mangimi altamente energetici a base di cerali che dovrebbero essere evitati o introdotti in porzioni minime, solo laddove l’animale sia andato in contro a un importante dispendio di energie”.
La scuderizzazione tradizionale prevede l’utilizzo di sella, redini, filetto, morsi e bardature. Un equipaggiamento che in natura l’animale non sarebbe costretto a indossare: ci sono delle controindicazioni?
“Sì, ci sono. Diversi studi e ricerche scientifiche hanno dimostrato come un equipaggiamento così pesante e limitante sia controproducente per la salute degli animali – spiega l’esperta in benessere – filetto e morso, ad esempio, producono un’eccessiva salivazione anche negli animali a riposo, mentre il fermo lo rende irrequieto e lo porta a muovere spesso la bocca: tutto questo provoca afte e ferite“.
Tra le pratiche più conosciute c’è quella della ferratura degli zoccoli. Cosa prevede e in cosa si differenzia la gestione naturale?
“Nella gestione naturale asini, cavalli e pony non vengono ferrati ma lasciati scalzi – sorride Lidia – la ferratura degli zoccoli è intervento umano che deve essere archiviato come appartenente a un periodo storico nel quale i cavalli venivano utilizzati come traino per carrozze su terreni artificiali, strade lastricate o asfaltate, per evitare che potessero scivolare. Studi ed evidenze scientifiche moderne ci mostrano, invece, come lo zoccolo dell’animale non vada inchiodato ma solo pareggiato. E’ importante sottolineare – aggiunge l’esperta – come questa sia una zona sensibile, paragonabile alla cartilagine delle nostre unghie”.
Questo significa che gli zoccoli sono soggetti a possibili malformazioni e infestazioni micotiche?
“Sì, può accadere. Lo zoccolo è zona estremamente viva negli equidi e rappresenta una sorta di termometro attraverso il quale saggiarne lo stato di salute. Dall’osservazione degli zoccoli, che devono essere puliti quotidianamente (pratica alla quale cavalli e asini devono essere abituati) – sottolinea Lidia – è possibile individuare patologie infiammatorie importanti come la laminite, legata alla cattiva alimentazione, che può provocare anche condizioni di ischemia.
Il tessuto connettivo dello zoccolo, inoltre, può essere oggetto di importanti infezioni fungine come il tarlo ‘del piede‘: particolarmente frequente negli animali che vivono in un terreno fangoso e umido. Si tratta di un agente patogeno in grado di penetrare sino alla zona più sensibile dell’arto, determinando importanti difficoltà di deambulazione. Certamente – precisa l’esperta coadiutore dell’asino – gli equidi stabulati in un box e tratti secondo i canoni della tradizionale scuderizzazione sono i più colpiti, anche perché la presenza di una ferratura a carico dello zoccolo non permette una diagnosi precoce”.
Ampi spazi esterni, stimoli cognitivi, socializzazione, ma qual è il terreno più adatto a soddisfare le esigenze etologiche di un equide?
“Certamente un terreno a base di ghiaia, perché si mantiene pulito più a lungo ed è più facile rimuovere le deiezioni – chiosa Lidia – a differenza di un terreno fangoso, quello con aggiunta di ghiaia previene infezioni come il tarlo, perché consente un consumo naturale degli zoccoli che, anche nel caso di una gestione naturale, dove è presente anche un ampio spazio erboso, devono essere pareggiati per evitare che una crescita smisurata diventi ostacolo a una corretta deambulazione. In questo modo riduciamo l’intervento umano a un pareggio dello zoccolo ogni tre mesi invece di due”.
Gestione naturale come buona pratica per raggiungere il benessere degli animali in generale ed egli equidi in particolare. Perché consigli questo tipo di gestione e quali sono le differenze rispetto alla gestione tradizionale?
“Studi recenti hanno dimostrato come la gestione naturale degli equidi sia l’unica in grado di garantire l’omestasi etologica, fisiologica e psicologica del cavallo o dell’asino, ossia il raggiungimento di una condizione di stabilità comportamentale. I cavalli stabulati nei box manifestano sindromi di natura nervosa, come quello di ‘appoggio’ o del ‘ballo dell’orso’.
Si tratta di stereotipie causate dal forte stress generato dal vivere chiusi in un piccolo box – spiega l’esperta – una condizione simile a quella di un carcerato in isolamento, che esclude ogni interazione o contatto tra loro. Penso al grooming, un’abitudine naturale fondamentale per gli equidi: una coccola incrociata tra due esemplari che li aiuta a rilassarsi e instaurare legami stabili”.
Conoscere gli equidi e imparare considerarli animali da compagnia e non da reddito. La cronaca recente ci dice che siamo ancora lontani da questo obiettivo: cosa ti aspetti per il loro futuro?
“Vorrei che gabbie e box scomparissero per sempre. Vorrei che nessun animale fosse costretto a vivere una condizione di isolamento, solitudine e sfruttamento – racconta Lidia con un pizzico di commozione – gli equidi sono creature estremamente sensibili e intelligenti e il mio sogno più grande è che a loro sia data l’opportunità di farsi conoscere e rispettare per ciò che sono. Vorrei che la gente imparasse ad amarli, anche solo la metà di come li amo io”.
Emma De Maria